Thus waves come in pairs
Simone Fattal, Petrit Halilaj & Álvaro Urbano —
TBA21–Academy presenta "Thus waves come in pairs", una mostra che include due nuove commissioni che debutteranno a Ocean Space di Venezia per il programma espositivo 2023, a cura di Barbara Casavecchia.
La mostra "Thus waves come in pairs", il cui titolo è tratto dal poema "Sea and Fog" ("Mare e nebbia") di Etel Adnan, vede l'incontro tra le monumentali sculture in ceramica e vetro dell'artista americano-libanese Simone Fattal e la nuova installazione del duo Petrit Halilaj & Álvaro Urbano, co-commissionata da TBA21–Academy e Audemars Piguet Contemporary.
Il progetto espositivo, sottolinea la necessità di riflettere con e attraverso la pluralità e gli scambi, elementi distintivi del terzo ciclo della Fellowship curatoriale "The Current III" (2021–23), guidato da Barbara Casavecchia e incentrato sui Mediterranei che con questa mostra e il suo programma pubblico giunge a conclusione. A settembre 2021 “The Current III” è emerso a Ocean Space come esercizio transdisciplinare di percezione, volto a sostenere progetti situati, pedagogie collettive e voci lungo le sponde del Mediterraneo attraverso i campi dell’arte, della cultura, della scienza, della conservazione e dell’attivismo. Si è evoluto nel formato generativo di passeggiate, performance, podcast, conversazioni e viaggi sul campo, e ha costruito piattaforme per il pensiero collaborativo (disponibili su Ocean-Archive.org).
Il percorso di ricerca, ispirato da una conversazione tra Etel Adnan e Simone Fattal (2021), è confluito nel volume Thus Waves Come in Pairs. Thinking with the Mediterraneans, pubblicato da Sternberg Press, con contributi di Jumana Emil Abboud, Omar Berrada, Barbara Casavecchia, Pietro Consolandi, Övül Ö. Durmuşoğlu, Petrit Halilaj & Álvaro Urbano, Zeyn Joukhadar, Ibrahim Nehme e Giovanna Silva, con prefazione di Markus Reymann.
I Mediterranei sono luoghi plurali e policentrici di produzione della conoscenza, dove gli interrogativi epistemici su chi ne crea la narrativa, a partire da quali prospettive e sponde, restano centrali. Il progetto espositivo è un'evoluzione dell’approccio site-specific di Barbara Casavecchia, focalizzato su pratiche artistiche situate e conoscenze ecologiche locali. Incentrato sui rapidi cambiamenti climatici che interessano le sponde del Mediterraneo a un ritmo del 20% superiore rispetto a qualsiasi altra zona del pianeta, con l'espansione delle aree colpite da siccità, alterazione dei cicli dell'acqua e proliferazione delle ondate di calore, “The Current III” invita a riorientare e a registrare “i limiti dei nostri apparati cognitivi”, come scrivono Iain Chambers e Marta Cariello nel loro saggio “La questione mediterranea”.
Attraverso le opere realizzate per la mostra, Simone Fattal e Petrit Halilaj & Álvaro Urbano ci raccontano storie di futuri immaginari, in cui la nostra comprensione del mondo è trasformata dall'incontro con altre specie, e ci invitano ad ascoltare la molteplicità di intelligenze.
Simone Fattal
L'installazione di Simone Fattal "Sempre il mare, uomo libero, amerai!" (dalla poesia "L'uomo e il mare" di Charles Baudelaire) che occupa l'ala est di Ocean Space, descrive le onde del mare come uno specchio dell'anima. Nel testo originale in francese, “la mer” (il mare) è un'entità femminile che genera e nutre. L’opera è un invito a posare uno sguardo amorevole sulla natura, di cui siamo parte, e a meditare sui continui cambiamenti che ci legano.
Due sculture occupano le nicchie vuote del grande altare barocco. Sullo sfondo di una superficie specchiata, un tondo riporta la nota esortazione in greco antico γνῶθι σεαυτόν (gnōthi seautón, conosci te stesso), iscritta nel tempio di Apollo a Delfi. L'altra nicchia ospita "Young Boy", una figura di giovane uomo che pare interrogarci sul futuro.
"Bricola", una grande scultura ceramica dalle ricche tonalità naturali (ispirata agli eponimi pali di legno veneziani che guidano le imbarcazioni nell'ecosistema lagunare), evoca la navigazione. Le due figure monumentali, separate e unite da un "Mare d'Oro" in lastre di vetro, sono Máyya e Ghaylán, coppia di amanti celebrata nella poesia araba classica, così come in racconti e leggende diffuse in tutto il mondo islamico. Nel Golfo Persico, la loro storia è quella di due proprietari di una flottiglia di navi per il commercio delle perle. La flotta di Máyya era più dinamica, grazie alle sue imbarcazioni veloci. Dopo lunghe riflessioni, un giorno Ghaylán si trovò a osservare attentamente una libellula e decise di farne imitare le ali, in modo che le sue barche potessero essere spinte dalla velocità dei venti: aveva inventato le vele. In futuro, l’umanità sarà ancora in grado di trovare soluzioni imparando dalla natura?
L’installazione di Fattal comprende anche una serie di sfere perlacee in vetro rosa di Murano, sulle quali l’artista ha inciso un’iscrizione in lingua franca, una lingua meticcia che riprendeva termini dall'italiano, dall'arabo, dal francese e dallo spagnolo, parlata un tempo da mercanti, pirati, prigionieri e schiavi lungo tutte le sponde del Mediterraneo. Il frammento è tratto dal testo della prima testimonianza di lingua franca, il "Contrasto della Zerbitana" (Il conflitto con la donna di Djerba), un poema anonimo del XIV secolo che narra del duello verbale tra un marinaio e la madre della fanciulla che ha maltrattato, ambientato sull'isola di Djerba, al largo della Tunisia. La poesia è un veicolo fecondo di trasmissione da una lingua all'altra, da una cultura e temporalità all'altra. Il “Contrasto” fa emergere le complessità represse del passato coloniale e del presente neocoloniale dei Mediterranei, altrimenti impossibili da narrare attraverso un'unica storia.
"Ci sono molti Mediterranei: quello geografico, quello storico, quello filosofico... quello personale, quello in cui nuotiamo. Nuotare è un'esperienza, qualcosa che non si può spiegare a chi non ha mai nuotato. La sensazione di essere sostenuti dall'acqua", afferma la poetessa Etel Adnan, compagna di Fattal.
Simone Fattal è nata a Damasco, in Siria ed è cresciuta in Libano, dove ha studiato filosofia all'Ecole des Lettres di Beirut. Si è poi trasferita a Parigi, dove ha proseguito le sue ricerche filosofiche alla Sorbona. Nel 1969 è tornata a Beirut dove ha iniziato a lavorare come artista visiva, esponendo i suoi dipinti fino all'inizio della guerra civile libanese. Nel 1980 ha lasciato il Libano e si è stabilita in
California, dove ha fondato la Post-Apollo Press, una casa editrice dedicata a opere letterarie innovative e sperimentali. Nel 1988 si è iscritta all'Art Institute di San Francisco che l’ha spinta a tornare alla pratica artistica, scoprendo la passione per la scultura e la ceramica. Fattal vive, attualmente, a Parigi.
Petrit Halilaj & Álvaro Urbano
Nell'ala ovest della Chiesa di San Lorenzo, gli artisti Petrit Halilaj e Álvaro Urbano, presentano una nuova installazione intitolata "Lunar Ensemble for Uprising Seas" (Ensemble lunare per mari in rivolta). L’opera crea un ecosistema in evoluzione composto da oltre 40 sculture monumentali di creature ibride, acquatiche, terrestri e aeree, collocate sotto una luna ovoidale, all’apparenza della stessa materialità delle pareti dell’edificio. L’installazione è co-commissionata da TBA21–Academy e Audemars Piguet Contemporary e mette in luce le missioni parallele dei due programmi: sostenere la ricerca e la produzione artistica, promuovendo il dialogo e il pensiero immaginativo per un pubblico globale.
"Ensemble lunare per mari in rivolta" trae ispirazione da una canzone popolare spagnola intitolata "¡Ay mi pescadito!"in cui dei pesciolini vanno a scuola in fondo al mare per studiare forme di sopravvivenza e di appartenenza. Con la loro installazione gli artisti esplorano la coesione, la resistenza o la disarmonia tra specie differenti o tra organismi viventi e oggetti. Le sculture variano in forma e dimensione e nessuna creatura è realistica in questo mondo. Sono tutte in uno stato di evoluzione e presentano caratteristiche diversificate per sopravvivere in acqua, terra e aria. I rivestimenti metallici delle sculture riflettono la luce del sole su pareti, soffitti e pavimenti della chiesa, alterando la percezione dello spazio durante la giornata. Le sculture fungono anche da strumenti musicali che, tuttavia, necessitano dell’interazione umana per prendere vita e produrre suoni da carillon e altre tecniche fai da te. Insieme, tentano di comporre una 'melodia' ispirata alla canzone "¡Ay mi pescadito!" e all’eccesso di rumore sottomarino, generato da attività umane, che non si armonizzano facilmente. La difficoltà di ottenere una melodia perfetta rispecchia la complessità di creare una perfetta sincronia nel mondo materiale.
Sopra le creature, una grande scultura ovoidale (Luna) pende dal soffitto, galleggiando nello spazio. L'uovo è ricoperto di materiale gessoso che rimanda alle pareti della chiesa. La sua materialità simboleggia come tutto possa essere riutilizzato e trasformato in quanto parte della natura ciclica del nostro mondo. Evoca la possibilità di reimmaginare forme alternative di vita, trasformazione e genitorialità future, che rompano quella nozione di identità "naturali" fisse o stabili, che genera discriminazione sistemica nei confronti degli individui e delle famiglie queer. Durante tutto il periodo espositivo, un cast di musicisti e performer attiverà l'installazione con durate e intervalli variabili. Tra una performance e l'altra, i costumi da gabbiano indossati da Halilaj e Urbano saranno collocati all'interno della mostra, come sculture. I gabbiani sono creature della laguna di Venezia che osservano dall'alto l'ecosistema in evoluzione. Sono loro a coordinare la performance condivisa e a riunire l'azione collettiva delle creature.
Per creare questa installazione, Halilaj e Urbano hanno lavorato a stretto contatto con il team curatoriale di Audemars Piguet Contemporary e Casavecchia. I due artisti sono uniti anche nella vita, pur mantenendo, generalmente, traiettorie artistiche separate. Questo progetto rappresenta un'opportunità unica per vedere i due artisti al lavoro su un'installazione monumentale congiunta. Come le opere precedenti, questa installazione esplora e negozia lo spazio tra due realtà: il mondo umano e quello naturale. Le pratiche di Halilaj e Urbano sono permeate di elementi personali e ludici che mettono in discussione le norme sociali.
Petrit Halilaj (nato nel 1986, Kosovo) e Álvaro Urbano (nato nel 1983, Spagna) sono due artisti visivi con sede a Berlino. Lavorando per lo più individualmente, la loro pratica comune coniuga aspetti specifici degli interessi di ciascun artista e integra la ricerca dell'altro. La loro produzione congiunta riflette sulla dicotomia tra ambienti edificati e natura, e sulle possibilità di negoziazione tra queste due realtà; sono gli abitanti che occupano questi spazi liminali a suscitare un interesse particolare nei due artisti. Halilaj e Urbano hanno partecipato insieme alle residenze artistiche al MAK Residency di Los Angeles (2016-2017) e a Villa Romana, Firenze (2014).
BARBARA CASAVECCHIA
Barbara Casavecchia è scrittrice, curatrice indipendente e docente. Vive tra Venezia e Milano, dove insegna presso il Dipartimento di Visual Cultures e Pratiche Curatoriali dell’Accademia di Brera dal 2011. Attualmente insegna anche al master Art & Ecology presso la NABA di Milano. Collabora alla rivista Frieze e i suoi articoli e saggi sono stati pubblicati in art-agenda, ArtReview, La Repubblica, Flash Art, Mousse, Nero, South e Spike, tra gli altri, così come in libri e cataloghi d'arte. Nel 2018 ha curato la mostra personale “Susan Hiller, Social Facts” alle OGR di Torino. Nel 2020 è stata mentore del programma Ocean Fellowship proposto da TBA21–Academy ad Ocean Space. Nel 2021-2023 Barbara guida il terzo ciclo del programma di punta di TBA21–Academy, The Current.
Audemars Piguet Contemporary
Audemars Piguet Contemporary commissiona ad artisti internazionali la creazione di opere d'arte contemporanea, promuovendo una community globale di creatori. Il marchio crede nel potere dell'arte contemporanea di connettere ed essere connessi. Il team accompagna il processo di ogni commissione dall'inizio, attraverso il suo sviluppo e fino all'esposizione, costruendo esperienze che permettono al pubblico di interagire con l'opera in tutto il mondo. Come per gli orologi meccanici, le opere d'arte commissionate vanno al di là di ciò che si vede. Si tratta di opere sensibili al nostro mondo in continua evoluzione. Sono un'opportunità di creazione nuova, che riunisce il pubblico e stimola conversazioni che vanno oltre la prima impressione.